«Noi invalidi segregati in casa già prima del Covid»

«Noi invalidi segregati in casa già prima del Covid»

La testimonianza di una cinquantenne in sedia a rotelle tra barriere architettoniche e pacchi che spariscono

Lo sfogo: «A chi si lamenta di non poter uscire per qualche settimana, dico, mettetevi nei nostri panni». La sua battaglia tra i tentativi infruttuosi di trovare un appartamento adatto e il problema, irrisolto, con le consegne del postino. La risposta della Posta: «A breve una soluzione.

VIGANELLO – Il suo coronavirus lo sta vivendo da 5 anni, con un anticipo tremendo. Segregata al quinto piano di un palazzo a Viganello, costretta alla sedia a rotelle dopo una puntura lombare finita male, Sandra ha 50 anni e 11 insormontabili scalini tra l’entrata del condominio e l’ascensore. Vorrei ricordare a tutti che noi invalidi subiamo di continuo una segregazione domestica. A chi oggi mette a rischio il prossimo uscendo di casa suggerirei di pensare alle nostre rinunce. Provate a mettervi nei nostri panni».

Il postino non suona una volta – L’attuale emergenza ha acuito i disagi. Se già prima Sandra lottava – senza successo – per farsi portare la posta sul pianerottolo al pianterreno, oggi sembra tutto più complicato: «Il postino – racconta – sa benissimo che sono invalida ma lascia tutto nella buca delle lettere esterna. Senza citofonarmi». Conseguenza: «Quando la buca è piena i miei pacchetti spesso spariscono».

La battaglia con la proprietaria – In questi anni Sandra ha cercato di far installare un montascale per superare gli 11 scalini, ma invano: «La proprietaria non ci sente, anche se questo dispositivo verrebbe pagato dall’AI e io stessa contribuirei con 5mila franchi». Sandra ha contattato il Municipio e l’Ufficio di Conciliazione: «La Città mi ha risposto che stanno togliendo le barriere architettoniche nei luoghi pubblici. Ma che senso ha, se poi gli invalidi sono bloccati in casa?».

Gli appartamenti introvabili – Ha cercato un altro alloggio, Sandra, ma finora senza risultato: «In questi anni ho visionato 497 appartamenti, non esagero, e nessuno era accessibile agli invalidi. Non ne esistono per meno di 2’000 franchi al mese, ». I problemi ricorrenti, spiega, «sono gli ascensori troppo piccoli per la sedia a rotelle. Oppure le porte del bagno troppo strette o la cucina dove non c’è spazio per manovrare. Mi sono sentita anche dire da un locatore che gli invalidi non cucinano. Ma credete davvero che viviamo d’aria?».

La scorta di guerra – Oggi Sandra combatte per ricevere almeno gli invii postali all’interno del palazzo. Si tratta spesso di pacchetti contenenti medicinali. Ma si è anche organizzata ordinando materiale per fare esercizi fisici (a causa del Covid ha dovuto rinunciare al terapista) e con le società private di spedizione i pacchi glieli recapitano direttamente. Quanto agli alimentari ha avuto la vista lunga: «Quando ho sentito del primo caso di Covid in Italia, ho chiamato una mia amica. Mi ha fatto oltre mille franchi di spesa. Per due o tre mesi sono tranquilla. Si fa per dire. Vorrei lanciare un appello alle autorità di non lasciare in questo periodo i disabili abbandonati a loro stessi».

Da Ticinonline-6 ore fa

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