Il ruolo dell’arte durante e dopo la pandemia

Il ruolo dell’arte durante e dopo la pandemia

Gli ideatori del Manifesto Art Thinking riflettono sull’importante ruolo dell’arte in questa emergenza. Invitando le istituzioni a coinvolgere gli artisti nella messa a punto di soluzioni concrete per affrontare il domani.

Un mese sospeso e lo stress generato dalla pandemia producono epifanie, messaggi e, con essi, la necessità di dare risposte in uno scenario privo di un progetto per il futuro. Non si vede un luogo di approdo ricco di intelligenze e opportunità, demoralizzate da una classe dirigente troppo spesso impegnata a nutrirsi di un eterno presente, fuggendo da sfide importanti e globali.
Ma l’arte è risposta, è problem solving: chi progetta e realizza soluzioni per intervenire su processi e sistemi complessi di ogni genere, dall’agricoltura al turismo, dall’urbanistica all’industria, dai servizi al commercio, lo sa bene, perché l‘ha esperita e ne ha tratto insegnamenti, stimoli e visioni. Arteprima Progetti, come tanti altri network di curatori, artisti, professionisti e progettisti culturali nel mondo, lo sa da più dieci anni, avendo attraversato altre crisi e imparato che le soluzioni per il futuro vanno studiate ora, non dopo.
Per evitare decisioni dispendiose, inutili, dannose e, soprattutto, irreversibili.
Nel dopoguerra le città subirono ricostruzioni senza anima e criterio, mentre coste e campagne vennero immolate alle necessità di industrializzazioni non sempre sensate e raramente rispettose dei diritti delle persone e dell’ambiente. Non abbiamo evidentemente serbato memoria degli errori e degli scempi compiuti, se, anche in tempi recentissimi, i parchi eolici, con il pretesto del fabbisogno energetico green, hanno potuto sfregiare territori e deturpare alcuni tra i luoghi più belli del mondo.
Ecco perché è necessario intervenire adesso per adesso e non solo per il dopo.
L’arte, con le sue pratiche, è in grado di collaborare anche nella guerra contro la pandemia, alleandosi agli esperti per trovare soluzioni intelligenti, innovative e socialmente utili.
Non si risponde a devastazione ultimata ma mentre sta per manifestarsi, questa è la vera resilienza. La conseguenza, infatti, potrebbe essere la creazione di un ambiente ostile all’innovazione, all’aggregazione e alla ricerca, in un percorso di sicurizzazione atroce, in cui il baratto tra sicurezza sanitaria e privazione delle libertà individuali ci assicurerebbe in un battibaleno una qualità di vita ben più bassa di quella che abbiamo conosciuto.

L’IMPORTANZA DEL KNOW-HOW

Una certezza c’è: le idee migliori sanno coniugare estetica e funzione. L’armonia è funzionale. Le città d’arte sono ancora i luoghi più belli e funzionali della storia e, dagli acquedotti romani ai Sassi di Matera, funziona ancora tutto ed è tutto ancora bellissimo.
L’arte e le sue pratiche sono ancora in grado di affrontare e risolvere i problemi della contemporaneità, anche quelli della sicurezza, della distanza sociale e della psicosi da contagio, a patto di essere chiamate a dialogare pariteticamente ai tavoli della scienza, della politica, delle amministrazioni e delle imprese per comprendere i bisogni e offrire il contributo che hanno sempre dato, costruendo dispositivi di senso, per esempio, contro il panico generato dalla mancanza di responsabilità o progettando nuove protezioni anti contagio.
In questi giorni alcuni citano Gandhi: “Bisogna saper ballare sotto la pioggia, non aspettare il sole”, mentre altri invocano il silenzio, e molti propongono slogan e chiamate alle armi ispirate da “meritori principi di eccezione”, ma pochi ‒ perché pochi sono gli operatori e i progettisti che si cimentano direttamente in questa disciplina ‒ conoscono le vere dinamiche che attivano concretamente sinapsi e ingranaggi operativi che producono nuovo senso e nuove visioni.
Il come si fa, il know-how, è sparito dal palinsesto e dal glossario dei decisori, preferendo il turbocapitalismo e il predominio delle relazioni alle pratiche artistiche, profetiche in tempi non sospetti e capaci di trovare una nuova strumentazione emotiva e culturale contro le crisi, per uno sviluppo sinceramente sostenibile alimentato dalla cultura e dall’esercizio di indagini condotte attraverso la poesia da sempre rivelatrice, il segno, il simbolo e il disegno, la formalizzazione di mondi invisibili che fanno emergere le risposte ai sogni e ai bisogni reali delle persone.

COMPRENDERE IL CAMBIAMENTO

Ora la questione è cruciale: siccome tutti affermano che cambierà tutto, ciò che deve finalmente cambiare è questo: le soluzioni innovative devono esser chieste a chi ha dimostrato di avere le competenze per produrle e le visioni per anticipare i tempi; ecco il primo vero passo verso una nuova civiltà del lavoro e dell’impresa, della politica e dell’urbanistica, dello sviluppo sociale e individuale. Il punto determinante è che cambierà molto perché molto sta cambiando nelle vite di ciascuno. Servono gli artisti con la loro capacità relazionale per comprendere come stanno cambiando. Quando non hai strumenti per indagare, imparare dai non-vedenti è fondamentale, prova a comprendere con le mani: proprio il mestiere che fanno gli artisti. Comprendere: prendere con sé.
Siamo coscienti di quanto sia superfluo e inelegante affermare oggi “l’avevamo detto” ma, in verità, è così; quando ad esempio proponemmo alla Sovrintendenza romana di trasformare gli homeless in guide di quartiere e di monumenti dei quartieri periferici, valorizzando lo straordinario lavoro svolto dai professionisti di Binario95 per ridare ruolo e dignità ai senzatetto di Roma, non ricevemmo risposte. Nel gennaio 2020 in Irlanda la stessa idea è diventata Legge dello Stato. Questo dimostra l’esattezza delle visioni artistiche in generale, e la cecità delle istituzioni che non le considerano perché non sanno quel che accade nella vita reale.
Al MAXXI, a giugno 2019, insieme a molti professionisti, artisti, curatori e imprenditori, abbiamo dato una forma scritta a queste riflessioni: il Manifesto Art Thinking, che è uno dei pochi strumenti  già pronti  per affrontare crisi e cambiamenti. Non una soluzione figlia dell’emergenza, ma un ragionamento complesso per rispondere alle complessità, con contributi, ad esempio, di neuroscienziati del San Raffaele di Milano, perché c’è gente che chiede le prove, usa la sola sfera cognitiva per comprendere fenomeni che ha dentro e davanti agli occhi.
Ergo, o la parola va ridata agli artisti oppure delle parole si continuerà a far scempio, senza produrre crescita.

QUALI ALTERNATIVE?

L’alternativa è uno scenario apocalittico per il nostro Paese, cui la pandemia ha dato solo il colpo di grazia dopo quarant’anni di declino economico, sociale, intellettuale ed etico.  Evoluzione e condivisione sono stati gli spauracchi di chi ha detenuto il potere, non mettendo in campo queste risorse. Dobbiamo riscoprirci curiosi, in tensione verso un futuro figlio della nostra inevitabile storia, usando l’unica materia prima di cui possiamo disporre: la nostra intelligenza e la capacità di stare al mondo in armonia. Il nostro destino è di essere avanti o di non esserci, perché la nostra esigua massa non reggerà l’urto di una crisi di tali dimensioni. Jacques Derrida diceva, parlando dell’Europa, che questo continente ha la sua ragion d’essere in quanto “polena” del mondo. Cioè, o arriva per prima o perde senso e identità. Non c’è metafora migliore per descrivere la situazione in cui ci troviamo.
Oggi c’è una partita aperta e servono figure di raccordo fra il mondo dell’arte e delle industrie culturali e creative, le istituzioni, i corpi intermedi e le imprese disposte a giocarsela: che si facciano protagoniste per progettare soluzioni che ci permettano di ripartire da altri presupposti.
Siamo a disposizione di chiunque condivida questa visione.

Francesco Cascino, Raffaele Giannitelli, Guido Guerzoni, Azzurra Immediato, Filippo Riniolo, Giuseppe Stampone

Articolo tratto da Artribune.

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