Covid-19 e Residenze sanitarie per disabili: servono allerta alta e strategie per prevenire i contagi

Covid-19 e Residenze sanitarie per disabili: servono allerta alta e strategie per prevenire i contagi

“Quello che è accaduto ancora una volta ha dimostrato che le necessità, i bisogni ed in questo caso particolare la salute delle persone con disabilità, in particolare intellettive e con disturbi del neurosviluppo, delle loro famiglie e di tutti coloro che lavorano con e per loro, sono considerate come sacrificabili, meno importanti di quelle degli altri cittadini”


Abbiamo già parlato del dramma delle residenze per anziani, che in alcune parti d’Italia sono diventate vere propri focolai di infezioni da Covid19, con drammatiche conseguenze sugli ospiti ed operatori. Ma non sono solo le RSA a richiedere massima attenzione: un gruppo di associazioni mette in guardia anche sulle necessità di intervenire anche nelle RSD, le residenze sanitarie per persone disabili.

Oltre agli anziani e alle persone con preesistenti situazioni di stress metabolico, le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo costituiscono una popolazione a rischio, come confermano le segnalazioni che giungono dalle Residenze Sanitarie per persone con disabilità e dai familiari”: è questa una parte della lettera-appello congiunta siglata da Anffas, Uniti per l’Autismo, Angsa e dalla Società Italiana di Medicina Ambientale – SIMA, a cui ora si aggiunge il supporto dell’Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica del Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR.

L’appello lanciato dalle associazioni, e condiviso da una crescente parte della comunità scientifica, vuole portare l’attenzione sulla forte criticità delle residenze, auspicando un urgente intervento sia nelle strutture già coinvolte sia in quelle finora risparmiate da COVID-19.  Secondo le associazioni, questo può essere realizzato mettendo in pratica un “modello di sorveglianza attiva” che tutelando le fasce di popolazione più fragili e vulnerabili – ad oggi, purtroppo, ancora una volta abbandonate a loro stesse in questa gravissima pandemia – eviterebbe automaticamente l’ulteriore diffondersi del contagio.

“Quello che è accaduto ancora una volta ha dimostrato che le necessità, i bisogni ed in questo caso particolare la salute delle persone con disabilità, in particolare intellettive e con disturbi del neurosviluppo, delle loro famiglie e di tutti coloro che lavorano con e per loro, sono considerate come sacrificabili, meno importanti di quelle degli altri cittadini” afferma Roberto Speziale, presidente nazionale Anffas.

Fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria le associazioni hanno chiesto provvedimenti e protocolli ad hoc, oggi, ad emergenza ancora in corso, chiedono di mettere in pratica in tempi brevi un modello di sorveglianza attiva, integrata delle competenze che le società scientifiche stanno mettendo a disposizione”.

Le misure richieste sono:

·        esecuzione di tampone nasofaringeo e orofaringeo a tutti gli ospiti e operatori delle strutture, con periodica rivalutazione

·        immediato isolamento delle persone risultate positive, indipendentemente dalla sintomatologia, con allontanamento immediato di operatori positivi e trasferimento degli ospiti positivi in settori o strutture dedicati

·        allestimento di strutture o settori di isolamento per gli ospiti positivi – asintomatici e sintomatici – con efficaci zone filtro, mediante riorganizzazione degli spazi interni delle residenze (es. padiglioni dedicati) o utilizzo di altre strutture messe a disposizione da Ast o Comune di appartenenza

·        per gli ospiti sintomatici, strumenti diagnostici e protocolli approvati e aggiornati per l’assistenza domiciliare e ospedaliera non intensiva, possibilmente in collaborazione con le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA)

·        adeguamento del personale in forza nelle Residenze, attraverso l’attivazione di bandi per richiamare personale qualificato ancorché per adesione volontaria ed incentivato a fornire la propria collaborazione

·        attivazione di applicativi e percorsi di telemedicina, monitoraggio e training per operatori e familiari al fine di garantire la continuità degli interventi terapeutici ed il supporto necessario durante l’emergenza sanitaria

Le conoscenze attualmente disponibili sulla pandemia consentono di mettere in campo strategie razionali e coerenti con le caratteristiche del fenomeno nel suo complesso. Pertanto, ulteriori indugi non sono comprensibili né ammissibili –dichiarano le associazioni.

Da Disabili.com-20 apr 2020

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